mercoledì 18 ottobre 2017

Educazione Psicomotoria In Acqua


Una proposta innovativa per l’apprendimento del nuoto inteso come gioco-sport, una nuova cultura pedagogica del movimento acquatico. 
Nonostante i diversi approcci la etologia, la neuropsicologia e la psicanalisi concordano sull’importanza del gioco specie nell’età evolutiva; esso costituisce per il fanciullo l’esperienza più ricca, impegnativa e decisiva per il suo sviluppo psicomotorio. Il gioco risulta determinante per la maturazione funzionale delle aree associative della corteccia cerebrale. Esso favorisce lo sviluppo psicologico del bambino, gli consente di isolarsi da una realtà non sempre gradita, rifugiandosi in un mondo fantastico, nel quale può soddisfare i propri bisogni e superare le frustrazioni del quotidiano. Tante sono dunque le funzioni positive del gioco, ma la cosa più sorprendente è che vengano sviluppate indipendentemente dalla consapevolezza del fanciullo. Si gioca solo perché prova piacere, un piacere svincolato da ogni obiettivo da raggiungere, da ogni finalità da realizzare. La condizione primaria del gioco è dunque la gratuità!!! 
In questo modo il bambino si trova così ad apprendere i contenuti, usufruendo di uno stato motivazionale elevatissimo che facilita enormemente l’apprendimento e rende estremamente più sopportabile lo sforzo. 
La pratica del “gioco-nuoto”a tutti i livelli è estremamente gradita al bambino, perché oltre ai contenuti fantastici che scatenano la sua immaginazione, tutte le sensazioni tattili, vestibolari, propriocettive che arrivano al suo cervello sono estremamente gratificanti. Ciò avviene perché queste esperienze alimentano direttamente il sistema emozionale(sistema limbico). Quindi i messaggi che provengono dai nostri occhi, dalle orecchie ,dalla pelle ,oltre ai segnali cinestetici e vestibolari eccitano i centri libici,mettendo in moto un gigantesco anello di retroazione emozionale-sensoriale. Purtroppo i centri del dolore e del piacere non sono nettamente separati tra loro, ciò che in un soggetto può causare piacere, in un altro può generare dolore,e questo dipende soprattutto dal significato attribuito alle sensazioni che arrivano al cervello. Se un tuffo,l’immersione, la capriola,fanno parte di una “storia”, di un gioco che avvince e diverte il bambino,le sensazioni che queste azioni motorie suscitano, saranno vissute piacevolmente;se invece i medesimi gesti vengono imposti dall’insegnante e temuti dal bambino, la reazione sarà esattamente opposta e tali sensazioni diventano fonte di angoscia e dolore. 
Entrare in acqua, immergere il viso, tuffarsi, può generare nel fanciullo le sensazioni più diverse,ma il trasformare la paura in divertimento,il dolore in gioia, il rifiuto in entusiasmo,dipenderà dal significato che il bambino,interagendo con l’insegnante, sarà in grado di dare a queste esperienze. Eccoci dunque al nocciolo della proposta: far sì che le attività motorie in acqua svolte dai bambini abbiano per loro un significato comprensibile, apprezzato e condiviso, solo in questo caso essi attribuiranno a tali attività un “valore”positivo che permetterà loro di assimilarle piacevolmente. 
Qual è però l’attività che il bambino ama più di ogni altra, che assume per lui il massimo dei significati se non il gioco? Come possiamo far a meno del gioco, una attività che centinaia di milioni di anni di evoluzione hanno selezionato per consentirci di apprendere e svilupparci ìn modo piacevole ed efficace? Fino ad ora il gioco è stato nel nuoto ignorato od utilizzato in modo improprio solo nelle primissime fasi dell’ambientamento perché non se ne è compresa la portata educativa. In alcuni casi si è rinunciato al clima gioioso offerto dal gioco considerando i bambini dei piccoli adulti, in altri casi il gioco è stato spesso confuso con l’anarchia, l’ambiente ludico con la confusione. Giocare non significa portare solo le ochette o i pupazzetti in vasca o perlomeno non solo questo! Per favorire l’approccio all’ambiente acquatico si possono utilizzare anche simili strumenti,molto presto però il gioco dovrà assumere connotazioni diverse, non utilizzare attrezzi esterni bensì gli stessi gesti delle tecniche natatorie; per giocare non servono palle colorate, o pesciolini o salvagenti, non si gioca con gli strumenti ma con la fantasia! Giocare significa attribuire agli stessi gesti della vita un significato diverso! 

Non è divertente per un bambino piccolo immergere il viso nell’acqua, aprire gli occhi, o peggio ancora lasciare il tranquillo appiglio dell’istruttore; per farlo deve avere spinte più forti di quelle rappresentate dalla paura o dal fastidio dell’acqua sul viso. 
Se però l’immersione del viso diventa un gesto indispensabile per eseguire un gioco, per assecondare una storia ,molto facilmente il fastidio e la paura vengono superate .Giocare in acqua é creare una condizione fantastica nella quale i gesti reali del nuoto prendono significati diversi,accettati, anzi graditi dal bambino. Non è solo saltare,schizzarsi, schiamazzare, ma immergere il volto,rilassarsi, galleggiare,scivolare,apprendere corretti meccanismi respiratori, dunque i gesti fondamentali del nuoto.
Programma operativo: Serenità in acqua. 
• Proporre “cose” che il bambino può compiere con efficacia. Es. “immergere solo il becco.” 
• Favorire la presa di coscienza dell’elemento acqua come elemento di gioco e utilizzabile. 
• Organizzare giochi e situazioni che facciano sperimentare al bambino il nuovo e precario equilibrio sia in acqua bassa sia in acqua alta. 
• Favorire il progresso dei movimenti in acqua attenuando la motricità e il tono muscolare. Nel nuoto i progressi non avvengono per aggiunta di movimenti ma per riduzione. 
Programma organizzativo: 
• lo spazio di attività deve essere il più ampio e libero possibile senza corsie e limitazioni per la libera espressione del bambino. 
• I gruppi di lavoro da 15 bambini devono formarsi in base a semestri e non ad anni di nascita. 
• Gli istruttori devono essere due per gruppo per poi orientarsi ad interventi mirati o come compagni di giochi o come punti di riferimento o come coordinatori dei “giochi” e delle attività,badando tuttavia a non divenire colui che dirige dall’alto. 
• In accordo e secondo le potenzialità del centro sportivo introdurre nei gruppi anche bambini con disabilità sia motorie che dell’apprendimento per valorizzare il loro’strano”ed unico apporto nel gruppo.